Cosa ci si aspetta dagli editori, soprattutto se giovani? Gli editori devono essere agguerriti, devono usare metafore agonistiche, preferibilmente calcistiche o rubate all’immaginario gladiatorio dei filmoni in sandali e perizoma. Non si concede volentieri fiducia a chi contravviene a queste pratiche consuetudinarie. Posso anche capirlo, in fondo, è tempo di slogan (e quando non lo è), è tempo di dimostrare che i libri non sono cartacce raccolte a prendere polvere sugli scaffali. È tempo che i libri siano qualcos’altro, anche se non vengono letti. Questo è il tempo dei giovani editori. Ci si aspetta che i giovani editori sappiano cosa fare. I libri sono sacrificabili, non si vendono libri, si vende il resto.Come appare evidente, alla seconda rilettura di quello che precede, non ho le idee molto chiare su ciò che ci si possa aspettare sensatamente da noi. Personalmente più che fuggire le battaglie preferisco astenermi dal celebrarle… e se questo è vero per tutto ciò che riguarda le sfide continue contro il mercato, gli indici di lettura, i distributori che non si capisce se giocano contro o a favore, i ritardi nelle spedizioni, i tipografi che capiscono il contrario di quello che sta scritto nero su bianco… non altrettanto “onesto” è il silenzio sotto cui lascio passare altre competizioni e i loro catastrofici esiti. Mi viene da domandarmi: ma un giovane editore è tenuto ad essere pienamente onesto? E questo vuol dire “per forza” andar fieri delle proprie vittorie come delle sconfitte?


L'anima di :duepunti è sportiva (rospe, 2007)


Dal momento che sono stufo di cautele, reticenze e ipocrisie vuoterò il sacco e proverò a dire ciò che dai giovani editori non ci si aspetta: la verità, accettandone le conseguenze. Anche questa è una prova di coraggio imprenditoriale. :duepunti nasce un po’ come una specie di ritrovo dopolavoristico, con l’obiettivo insano di trovare la giusta valvola di sfogo per la creatività repressa di un minuscolo gruppo di amici, uniti da letture comuni e ambizioni straordinarie, quanto improbabili e sconclusionate. Prima dei libri è il tempo in cui si rimugina su riviste ed esperimenti di vario genere, alcuni pretestuosamente letterari altri dichiaratamente ludici. Un lungo periodo di apprendistato ha visto consacrarsi uno dei riti apotropaici fondativi della nostra poetica: il calcio totale. A questa esplosione di violenza immotivata ma liberatoria non meno di quella descritta dal Fight club di Palahniuk, segue il raffinarsi di regole, mai davvero cristallizzate e per tanto ambigue e transitorie. Dal cercare di uccidersi – sportivamente – inseguendo una “palletta” (qualsiasi cosa può essere designata come “palletta”, inclusi esseri umani) le nostre regole (“non ci sono regole”) transitano attraverso molteplici forme, così si passa al golf da ufficio, alla palla a cestino, alle prove di stabilità (ancora imbattuto il primato di Alc, che percorre ben cinque metri sotto il peso di dodici rocchetti di nastro isolante impilati sulla testa… il tutto nel più assoluto disinteresse generale), per finire nella più nobile delle tenzoni: il tennis totale da tavolo tondo.


Riposare e ragionare (rospe, 2006)


:duepunti ha un animo sportivo. Le prove sono battaglia, guerra aperta, ricerca estetica del bel gesto, triviale bisogno di sopraffazione, e scempio della – residuale – dignità umana concessa al termine di lunghe riunioni farcite di cultura, sigarette, vino rosso, amari amarissimi e buone intenzioni. Concedersi un tuffo nelle memorie d’infanzia in prima istanza era sembrato un modo saggio per rimanere con i piedi per terra, un modo per non prendersi troppo sul serio, anzi un esercizio serissimo di autoironia. I propositi, soprattutto quelli migliori, sono il più delle volte delle guarnizioni leziose per nascondere un arrosto carbonizzato o una tortina asfittica. Il cuoco sa quando mettere mano agli schiumogeni. :duepunti, invece, non teorizza, non ci riesce. E un poco per volta le varianti delle nostre competizioni hanno finito con il sopraffare tutto il resto. Periodi lunghissimi della nostra vita sono segnati dal ritmo delle partite a ping-pong, periodi lunghissimi che possono essere caratterizzati dall’insorgere di nuovi malumori persistenti come le frustrazioni che avrebbero, sempre in teoria, dovuto mitigare. Mens sana in… a dire il vero oltre ai rancori tra vincenti e perdenti, si registrano anche slogature, sgraffi, sbucciature, strappi e lacerazioni che si ripropongono trasfigurati nel nostro lavoro di ogni giorno. Nessuno saprà mai come sia stata imposta quella copertina… al tie-break. Ma chi abbia vinto, chi abbia perso, non importa… fintanto che tutto resta all’interno delle dinamiche del gruppo storico. Ma non sempre :duepunti affronta :duepunti, non sempre le vittorie si equilibrano con le sconfitte.

È questa la prova di coraggio – non richiesto – che da giovane editore (ed è pur sempre una giovinezza equivoca) voglio affrontare: le sconfitte insanate e le conseguenti aspirazioni livorose di rivincita che ci animano di continuo. E sì, perché il saper perdere appartiene al vero sportivo, ma l’astenersi sistematicamente dalla vittoria compromette irreparabilmente il proprio buon umore.


Ospiti e disfide (rospe, 2007)


L’elenco è lungo e potrebbe apparire sfoggio autolesionistico, per questo mi limiterò a ripercorrere i più brucianti episodi che mi tornano in mente. Una volta ho sentito, o letto, qualcosa che suonava super giù così: le vittorie si dimenticano, le sconfitte generano nuove relazioni. Il primo ricordo è annebbiato dai fumi dell’alcol. Siamo alla Festa di Liberazione, come :duepunti abbiamo realizzato un’istallazione giocattolo in forma di scatola alta due metri e quaranta per due. Un scatola di ferro e cartone ricoperta interamente da graffiti, collage e giochi olfattivo-visivo-tattili che è passata nel più generale disinteresse dei giovani sinistrorsi. Un workinprogress durato per tutto il tempo della festa, dalla posa dei tralicci metallici, fino allo smontaggio, non meno macchinoso. Unica soddisfazione la curiosità imprudente degli immancabili bimbetti sfuggiti alle madri distratte da comizi pallosissimi. Loro vittima prediletta da sempre :duepunti ha un conto aperto con i bimbetti selvaggi. Ma comunque, archiviata la pratica e sparito l’ultimo bullone ci siamo ritrovati davanti lo scenario devastato degli irriducibili che dopo essere stata decretata la chiusura ufficiale della manifestazione si davano alla gozzoviglia più sfrenata. Nello spirito di servizio che ci contraddistingue partecipiamo alle operazioni di travaso degli ultimi ettolitri di birra rimasti sul groppone del simpatico compagno addetto ai vettovagliamenti. Anche se non propriamente compagni ci prodighiamo. Al termine delle operazioni ci ritroviamo di fronte un altrimenti posato intellettuale accademico (che chiamerò Andrea Cozzo, per evitare di nuocere ad alcuno). Costatate le sue condizioni generali accettiamo la simpatica tenzone: una pacifica sfida Sinistri contro Monarchici. Noi coronati (il sottoscritto e Gs), soprassediamo sullo squilibrio delle forze in campo (due contro uno che non si regge in piedi). Perdiamo ignominiosamente e siamo costretti a sopportare per almeno venti minuti l’esultanza del Sinistro. Giorni dopo veniamo a sapere che gli spettatori non meno bevuti della squadra vincente, hanno mantenuto un nitidissimo ricordo dell’accaduto. Sono passati sette anni circa e devo ancora astenermi dal frequentare la macchinetta del caffè di Lettere.


Un giovane amico a modo (rospe, 2006)


Poi sorprendentemente siamo editori, giovani editori ovviamente. La casa editrice, nella sua accezione di casa, comincia ad essere frequentata da ospiti di riguardo, o per lo meno che sembrano avere dei riguardi verso di noi. Siamo editori, per bacco! Così un giovane a modo viene a farci visita e ci parla del suo interesse per il nostro lavoro. Lusinghe a parte il giovane si dimostra compito e soprattutto accondiscende a passare da un Voi formale ad un altrettanto formale Tu. Le cose precipitano nel momento in cui il giovane ospite viene designato a vittima sacrificale sull’altare del tavolo tondo di ping-pong totale. La certezza del successo è data dalla assoluta impraticabilità del campo e dalla più ingiustificata proliferazione di regole inventate all’impronta per sconcertare l’ospite condizionando l’esito della competizione. Vince la prima partita stentando contro di me. Io mi dico: ma perché sono sempre così ospitale! Tocca a Gs che viene sfracellato con una crescente sicurezza. Allora guardo con rassegnazione Gs e dico: ma perché è sempre così maledettamente geniale, troppo geniale! Ultima risorsa l’assoluta mancanza di sportività di Alc. Viene beffardamente annichilito… poi guarda la racchetta e dice qualcosa del tipo che il grip non è adatto, che era in contro luce, che il giorno prima aveva bevuto latte acido, ecc. Mi dico: e che cazzo! Il giovane amico – di recente laureato dottore in filosofia – continua a venirci a trovare ogni volta che torna a Palermo lasciando sguarnita la pisana Via Rughettari del loro capo. Ogni volta avvertiamo il portiere di informare il giovane amico che non ci siamo, che la ditta ha cambiato indirizzo ecc. Ma lui si ripresenta… e le cose finiscono super giù sempre allo stesso modo.


Eppure verrà il giorno della rivincita (rospe, 2006)


Tornando a Pisa con la memoria devo ricordare l’ultimo episodio di questo breve excursus. Siamo ancora editori, siamo alla nostra prima fiera libraria ufficiale, siamo presenti in qualità di giovani editori (e chissà per quanto ancora lo saremo). Abbiamo portato con noi Patrik Ourednik, il nostro scrittore ceco (Europeana e adesso anche Istante propizio. 1855), ci pavoneggiamo perché tutti ce lo invidiano. È preceduto dalla fama di essere un eccentrico, un intellettuale del tutto fuori dagli schemi, persino da quelli degli intellettuali eccentrici. Concordiamo. Pantagruelico, arguto, sottilmente crudele, irrispettoso delle forme vuote, a suo modo disegnatore e allevatore di poliedri, abbiamo imparato ad apprezzarlo per la vastità dei suoi interessi e per l’inestinguibile sete: solo vino rosso, possibilmente più di quello che è pensabile si possa bere rimanendo lucidi. Il giorno della nostra presentazione, durante una pausa di senso, informa il pubblico della prossima uscita per :duepunti del suo primo romanzo. Noi non ne sappiamo niente e a dire il vero non siamo del tutto sicuri che quel libro esista o esisterà mai (ad ogni modo oggi è l’undicesimo volume della nostra collana Terrain vague). Un po’ sorpresi nel dopo cena proviamo a chiedergli esattamente che cosa intendesse. Date le difficoltà linguistiche, lui è ceco, esule in Francia, di madre italiana (ma anche su questo non ci giurerei), ci propone di prendere un altro bicchiere di vino. Io sono diventato astemio forse in reazione agli ultimi esiti disastrosi delle performance agonistiche di :duepunti (vedi disfida a palletta, Sinistri vs. Monarchici). Bevendo su una terrazza attrezzata ad arte per una fiera del libro di respiro internazionale (PisaBookfestifal, alla Stazione Leopolda), ci avvediamo della inquietante presenza di un bigliardino abbandonato. «Dai!» mi fa Gs. «Ma io non so giocare!». E lui: «ma hai visto quanto ha bevuto? E poi lo facciamo giocare con Alc». «Allora si può fare». Per inteso Alc è filosofo e grecista… e ad eccezione del freesby, delle prove di stabilità con rotolini di scotch e simil è buono solo a ping-pong (ma dati i risultati precedentemente esposti… neanche tanto). La celebrazione della stipula virtuale del nuovo contratto si gioca a calcio balilla: :duepunti contro confederazione slava… ossia esponente esule della Repubblica Ceca e infiltrato di moglie bulgara. Alc si dimostra all’altezza delle nostre aspettative, Gs è tanto geniale da evitare i miei ripetuti tentativi di autogol e Patrik… ci disintegra. Al termine ci proporre di brindare.

Se c’è una cosa che a noi giovani editori non manca è la voglia di metterci in gioco.
Ma verrà il giorno…