#rebus

La “ZETA” di…
…nZo

Scopro scartabellando tra le foto d’infanzia un’infanzia non-felice, un’infanzia ordinaria, che si racconta nella processione delle foto rituali per carnevale.

Tutti i fratelli maschi seguono la stessa progressione, anno per anno, sempre gli stessi costumi, riadattati con cura e un po’ di sadismo, sempre nella stessa posa: prima tocca a S1 in tenuta da Zorro, elegantissima, in seguito sarà una specie di capo vaccaro, un po’ Tex Willer un po’ un buttero; quindi tocca al fratello S2, prima uno Zorro azzimmatissimo e negli anni seguenti torero (abile trasmutazione a tema). Alla fine toccherà a me: prima indiano in pannolenci e tomahawk di gommapiuma, poi torero con mantilla sdrucita e copricapo infeltrito, e alle soglie della pubertà sarò uno Zorro, grassottello, sorridente, non-felice.
Per me la “Z”, scarabocchiata rapidamente nell’aria, significava questo.

Adesso la ZETA che appare su ruderi di carri armati russi o a sfregio delle macerie di scuole, ospedali e fermate dell’autobus, mi fa pensare soltanto all’infanzia ordinaria rubata dalla megalomane follia di un piccolo criminale e di una nazione in sua balia.

Passano scene di guerra in tv, poi nei talk si affastellano figuri e figurini che spiegano cos’è la pace, come si fa la guerra, quanto è sbagliato difendersi. Con la matita scarabocchio un rapido segno su di loro.
“ZETA”, ora, sta per stron…

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