Ritorno al bancarellone. Sono sempre le 18 passate e ormai GS avrà capito che mi sono dimenticato dell’appuntamento o che ne ho unilateralmente ricontrattato i termini. I libri che ho sotto mano mi piacciono. Questa volta li sfoglio. Provo piacere, mi danno l’impressione di essere docili, eleganti, precisi. Ecco, si tratta di questo: sono fatti con precisione. Chi fa i libri in questo modo lavora come l’artigiano. L’artigiano nella mia visone un po’ romanzata della deontologia è un folle, un folle fuori dal tempo e che si riconosce soltanto nel suo spazio, nell’esercizio della sua arte. L’artigiano usa le mani anche per pensare. Io sfoglio questi libri e le mie mani mi restituiscono tutto quello che serve. Posso parlare di quei libri, non ho neanche bisogno di leggerli. Mi sono familiari, e non mi respingono.
«Belli, no? E si capisce che lei se ne intende. Questi librini che vede qui davanti, i nostri soldatini, le nostre pedine di dama, prima erano pochi e nessuno li voleva. Adesso sono cresciuti: sono un esercito senza armi, portano ovunque una guerra di idee che non lascia morti o feriti, eppure sono tanti quelli che vengono colpiti. Ma non ci crederebbe se le raccontassi cosa vuol dire scegliere di fare libri così e non in quell’altra maniera… Ma a noi non interessa. I libri, dico, mica sono quelli lì. Gli unici libri che riusciremmo a fare sono questi. Ci costa, ma abbiamo le nostre soddisfazioni, e se vogliamo ancora farne di nuovi è anche perché i nostri tipografi la pensano alla stessa maniera. Dicono tutti che sono tempi difficili, che la guerra dei fatturati taglia le gambe ai più piccoli, che non possono andare in libreria perché non si possono permette di stare al passo con gli indici di rotazione di Quello e Quell’altro. È vero, dico io, ma poi provi a prendere tra le mani uno di quei cosi. Mi dica, mi dica… Quello è un libro?».
Poi arriva GS che mi dice che è scoppiato un casino, che al buffet freddo per gli addetti ai lavori stanno spolverando tutto. Saluto prendo un libro qualsiasi, pago, scappo via. Quando ci riuniamo con ALC è troppo tardi: ha preso l’aperitivo anche per noi e ora è allegro senza motivo. Da bere per noi solo limonata, calda. Sfoglio il librino. Piccolo inventario degli specchi. L’ha stampato il nostro tipografo. Sorseggio la limonata aspra, che sa di piscio, con un cauto ottimismo.
postilla [circa 7 anni dopo]
Non capisco proprio perché quando ho iniziato a tenere questi collaudi mi compiacessi nel rendere i miei ricordi praticamente inaccessibili, costellando queste pagine di errori casuali e voluti, come traslitterazioni imprecise e storpiature irrispettose… non ho perso il vizio. In questo caso mi spiacerebbe non recuperare almeno in parte rivelando i due “ospiti“ , che nel tempo, sono stati davvero tra i compagni di strada a cui più e meglio mi sono radicato, nell’affetto, nella stima e nel rispetto: Stampa Alternativa, l’editore (la conversazione è avvenuta con M.B.), Graffiti, la tipografia (oggi non più attiva con questo nome, ma resta immutato lo spirito che anima la famiglia Iacobelli, editori e tipografi).