Quasi tutti ricordano il primo bacio, il primo tradimento, la prima fregatura, e questo è abbastanza comprensibile, anche se ci sono quelli che ne farebbero volentieri a meno. Non a tutti capita di ricordare il preciso momento in cui le cose sono cambiate, hanno acquistato un nuovo significato: semplicemente un attimo prima le vedevamo in un modo e subito dopo erano diverse. Per molti la vita è un continuum indifferenziato. I traumi come i giorni di festa sono trascinati e tenuti insieme dalla stessa corrente, dalla stessa acqua grigia. Ma io penso che non sia così: che la vita sia un’esplosione di schegge, di colori, odori, nomi, cose e città. Frammenti che teniamo insieme come fa un giocoliere inesperto con le sue clavette. Il gioco riesce, ma per poco. Troppo bassa è la soglia della nostra attenzione, e di conseguenza troppo spesso dimentichiamo e quindi non resta che riporre quello che resta – i frantumi – in appositi contenitori.
Forse si tengono i diari perché, almeno per la durata della loro stesura, esista una traccia dei nostri pensieri, delle loro connessioni. I diari sono la conseguenza della nostra attitudine al dimenticare. Sappiamo bene che non torneremo indietro a rileggerli, sappiamo come diventino impenetrabili per noi stessi a distanza di pochi anni. Eppure continuiamo. Ci sono due tipi di persone: quelli che hanno bisogno di un diario per dimenticare, e quelli che non ne hanno bisogno. I primi, quelli che scrivono diari, hanno almeno il conforto di poter imparare qualcosa dagli sbagli e dai successi delle persone che erano. Dentro ogni pagina di diario resta qualcosa di noi, ma si tratta di un frammento solo per pagina.
La pratica del lavoro di redazione mi ha portato a maturare un rapporto speciale con i miei appunti. Un’ossessione, tra le altre. I miei appunti dialogano tra loro, li percorro e li leggo come farebbe il geologo con le stratigrafie. Li organizzo per data e per argomento, soggetto, sottogruppi di interesse, e ancora li sposto, li riassemblo, li smarrisco, proprio come farebbe un perfetto archivista. I miei fogli sfusi hanno sostituito qualsiasi possibile diario. Il compiacimento e la ricercatezza con cui li elaboro rivelano quanto poco importante sia il loro contenuto rispetto alla ritualità della loro stesura. Eppure, non sono loro i contenitori giusti, anche loro contengono solo una parte della mia vita, quella cifrata.