Nel dire ovvietà a sproposito, o concedersi il lusso di dire esattamente la cosa giusta, ma quando nessuno se l’aspetta, ho fatto la mia pratica quotidiana di coraggio. A dire il vero si tratta di una forma attutita di coraggio, forse un po’ troppo studiata, e talvolta anche impercettibile per la stragrande maggioranza dell’uditorio. Ma è la mia forma di resistenza, che alcuni stimano solo imprudenza, altri ancora spirito macabro. Assolutamente politically uncorrect. Odio questa espressione e ciò che sottintende: ossia un completo infiacchimento del grottesco. Il re è nudo… e basta. Il Vicario, in buona sostanza, gira intorno a una domanda: la Chiesa sapeva? Dello sterminio, dei lager, della deportazione. E se sapeva… com’è stato possibile il silenzio?
Si è ripreso a parlare di Papa Pacelli, ma non per chiedere di rendere pubbliche le sue carte, gli archivi vaticani ecc. Si parla dei tempi della sua beatificazione, si prepara una casella nella prossima edizione del calendario. Starà tra San Benedetto da Norcia e San Ipazio? A quale santo farà le scarpe per poter finire sul calendario? A chi toccherà di chiamarsi Pio, solo per colpa di San Pio XII e di una madornale mancanza di fantasia di una coppia di genitori indecisi fino all’ultimo? Io conosco esattamente il motivo per cui la Bellucci è finita sul calendario del gommista sotto casa. Ma Pio ics-i-i, ha davvero tutta questa urgenza di finire su un calendario? Sarà come dovrà essere, nel frattempo da :duepunti si usano solo planning vuoti, quelli senza i giorni, senza i mesi, senza i santi, che vanno bene comunque.
Il Vicario parla anche di un’altra cosa: parla delle responsabilità, quelle che inchiodano. Quelle piccole e grandi responsabilità che fanno gli uomini che stanno dentro le divise. Adesso non mi interessa raccontare quello che accade nel libro, mi sembra più interessante testimoniare del lavoro di un pugno di giovani attori che si è riunito intorno a un libro proibito (si fa per dire… il pericolo di una scomunica è solo “potenziale”), che ha creduto nell’opportunità di essere testardi, curiosi e sgomenti. Trasportare tutto questo su un palco mi sembra abbastanza folle da meritare il mio apprezzamento. Quello che fanno è salire su un tavolaccio malmesso con addosso una calzamaglia troppo stretta, biascicare parole non loro e lasciare che il miracolo si avveri ancora. Credo davvero che il dio si manifesti attraverso i folli, i bambini e gli attori. Quel dio che non ha preti, non ha comandamenti, che appare e scompare e non sai se tornerà, ma che se c’è lo senti. Magari poi c’è e non lo senti, ma sei tu a perderci in questo caso. La verità non è mai una sola, non è mai quella che sta sulle carte processuali, non è mai quella accanto alla parola “fine”, e di certo non si protegge con il silenzio. State più attenti quando parlano i folli, i bambini e gli attori.
«L’uomo non è come la banana, frutto senza nocciolo:
il suo corpo contiene un’anima immortale».
Il Vicario di Rolf Hochhuth
progetto e lettura:
Matteo Caccia Marco Foschi Enrico Roccaforte Cinzia Spanò Nicola Stravalaci Rosario Tedesco
coordinamento: Cinzia Spanò
adattamento e regia: Rosario Tedesco
» QUI il sito dello spettacolo | Il Vicario
» QUI altro | Carte da decifrare / i taccuini teatrali di Rosario Tedesco
sei puntuale come sempre nell’essere in prima linea.
per questo ti segnalo che non è cecchi il regista dell’impresa di Volontè. cecchi ha curato l’adattamento (per quanto assurdo tutto ciò possa sembrare).
gentile don Andreoli,
in un primo momento avevo pensato di trovare un contesto diverso per la sua lettera (così tanto autoreferenziale e così tanto poco rispettosa delle buone maniere… quando si entra a casa di qualcuno si dice “permesso?”), ma poi è passato il tempo e altro è stato detto e scritto (anche da me) su Il vicario [http://rosariotedesco.altervista.org/blog/?p=140].
Oggi, trovandomi del tempo di troppo, mi sono forzato a spenderlo con le pulizie domestiche. Per evitare di affrontare le piastrelle del bagno (da scrostare una per una), ho optato per questo “coso” digitale, che uso per collaudare idee e pensieri a margine della mia vita/attività/carattere. Costatata la sua quasi definitiva inattività mi è venuto in mente che in fondo non è da me fare il censore dello stile altrui: quindi pubblico il suo “commento” così per come mi è arrivato mesi fa.
Riconosco la sua onestà e mi preoccupa il modo in cui interpreta la sua missione divulgatrice, soprattutto mi preoccupa il suo elenco puntato.
Se capiterà ancora di riflettere sulla storia, sugli errori, le cattive interpretazioni, quelle false e quelle interessate, sarà un piacere scambiare due battute (magari in una sede appropriata). In ogni caso (virgoletto) «questo non è un organo d’informazione… questo è uno spazio totalmente autoreferenziale… mio, però».
Solo oggi mi accorgo di questo Suo commento.
Grazie.