intervistatore:
«Bene signorina, sa già perché è stata convocata. Si tratta di un semplice questionario… non si preoccupi, si metta a suo agio, vedrà che sarà semplicissimo, l’aiuto io».Così dovrebbe iniziare la seconda puntata del dossier inchiesta sugli stage e il mondo del lavoro “atipico” in editoria. Ma prima di addentrarmi in complicate dissertazioni socioeconomiche e di proporre valutazioni sulla difficile condizione esistenziale del giovane di belle speranze appena licenziato dalla matrigna accademia (“senz’arte né parte”), devo inquadrare meglio obbiettivi e strumenti adoperati sinora. Secondo il mio programma originario… ecco, per prima cosa dovete sapere che in realtà il programma originario del dossier non esiste affatto. Mi trovavo a parlare di questo e quello con Claudio Morici passeggiando sotto i bei platani maculati di via Libertà. Si cercava di trovare un titolo per un libro che avrebbe portato al successo almeno uno dei due: lui come autore o me come editore. Dopo esserci a lungo soffermati sulle centinaia di colpi di spazzola, su pantaloni voluti, su affermazioni più meno perentorie (io questo, io quello) siamo arrivati, contemporaneamente, alla medesima risposta: La stagista.


Tracce indeperibili di lavoro editoriale (2007 rospe)


Bene, di che si tratta? Mentre Claudio ipotizzava uno psicothriller con finalone sentimentale e manciate di sesso più o meno arbitrarie, io ripiegavo su una cosetta meno attraente, ma con un target potenziale di tutto rispetto, per di più in continua crescita. Pensavo non solo agli stagisti stessi come destinatari, ma anche a tutti coloro i quali ad un certo punto della loro esistenza decidono di aprire i cassetti del loro ufficio a uno di questi novelli paria. Stagisti. Intoccabili, spesso quasi inutili, sempre sfruttatissimi: chi sono, cosa farsene, dove metterli… come accaparrarsene uno… meglio una? Inchiesta verità, con pochissimi dati e tantissimi luoghi comuni, con tutta una serie di asserzioni piene di buon senso e altrettante dimostrazioni inoppugnabili sulla natura del tutto illusoria di questa nuova professione.

A questo punto avevo solo bisogno di bruciare sul tempo l’amico scrittore romano: questo è il vero programma originario dell’inchiesta. Iniziamo. Essendo momentaneamente sprovvisti di stagisti ho dovuto darmi da fare da solo. Uno dei mali connessi alla presenza degli stagisti è che si tende successivamente a notarne l’assenza. Digitando a caso su un motore di ricerca piuttosto noto (soprattutto per aver legato la parola “duepunti” a “reggipetto” e a “assorbente”) sono incappato in una strana serie di ricorrenze. Ovviamente si trattava di proposte di lavoro piuttosto esplicite, e non tutte esattamente attinenti ai servizi editoriali. Ma tra le altre ne ho voluta annotare una del tutto particolare che dice molto dei lapsus freudiani della nostra società dell’informazione. “Monica” e “Lorena”. Accanto alla reginetta delle stagiste del millennio appena trascorso, trovavo inspiegabili riaffioramenti dalle pagine di cronaca di qualche anno prima. Cosa potrà mai legare Lorena Bobbit e Monica Lewinsky?… Eccetto quello. Ad ogni modo sono due eroine del nostro immaginario maschile, e forse perché tutt’e due troppo ordinarie, troppo stereotipe, hanno la capacità di ripristinare vecchi miti per nuovi usi (le pratiche domestiche da ufficio). Le Erinni vendicatrici e la svanita Pandora, che da un vaso ha lasciato venir fuori un putiferio. La stagista non può che essere declinata al femminile, suonerà sessista, ma parlando di un mito della nostra contemporaneità… me ne infischio.


 Tracce rimovibili, ma ripetibili, di lavoro editoriale (2007 rospe)


A questo punto ci vuole una cavia, ma non una sorella minore delle lorene e moniche dei pensieri da fondo dei pantaloni dei capoufficio di tutte le età. Roba triviale da scandaletto polveroso. Già scritto, già fotografato, già archiviato. No, cerco qualcosa di più attinente a quella finestra sul mondo che è :duepunti, e che è soprattutto il mio unico punto di osservazione sul mondo stesso. Mi ritrovo così costretto a incastrare V.M., nostra compagna di viaggio degli ultimi mesi (quelli che vanno da Aristotele a Vian). Dato che ci ha frequentato a lungo sospetto che si sia già preparata all’eventualità di una richiesta amichevole… Evidentemente non ha imparato bene da Alc. Prima ancora che abbia terminato la mia lunga procedura di “persuasione per sfinimento”, mi ha già detto “sì, sì, lo faccio, ma adesso devo scappare che perdo il treno”. Indubbiamente o con l’età miglioro o i giovani d’oggi non sono più quelli di una volta. Allora ritorniamo a immaginare come si svolgerà il colloquio.

intervistatore:
«Mi raccomando, se non perdiamo tempo siamo a casa per il pranzo. Allora signorina… ovviamente non ha la penna. Non si preoccupi, è sempre così. Undici zero cinque. Iniziamo.
domanda numero 1: ha rubato niente?… non parlo di cancelleria… faccia lei. Almeno si sarà accorta se c’era qualcosa che valesse la pena rubare… qualcosa da portare con sé
».

stagista V.M.:
«Dunque, le confesso che i suoi matitatoi gialli erano una delle mie tentazioni principali… ma si tratta di banale cancelleria. Nelle volte in cui sono rimasta da sola il mio pensiero fisso era completare in un batter di ciglia la collana :duepunti di casa mia… mi accontento di poco, ma sono anche terribilmente codarda. In realtà ho anche tramato di sequestrare il barattolo di vetro con Giuseppe e Maria, ma in quel caso avrei chiesto il cane di A. come riscatto, che non fa proprio parte di quella casa. Il problema è che adoro lo stile vintage di cui è pregno quel luogo, e non gli torcerei un solo ricciolo di matita temperata. Ecco, l’ho detto, lei potrà anche non credermi, ma vedo ogni improbabile elemento che si trova in quella casa come un tassello imprescindibile per il mantenimento del microclima :duepunti, e come tale deve essere rispettato, lo comunicherò anche alle giovani marmotte».

intervistatore:
«domanda numero due: che cos’è il mobbing, non stia sul vago, vogliamo sapere come si declina l’espressione inglese nella sua esperienza diretta».

stagista V.M.:
«Mi avete fatto correggere le bozze degli Scritti pornografici di Vian, e ho curato schede, quarta ed estratti, che sicuramente non saranno serviti a nulla; devo andare avanti? Ho mandato il curriculum alle edizioni Paoline: secondo voi cosa mi hanno risposto?».


Perdonateli perché non sanno quello che fanno (2007 rospe)


intervistatore:
«Ha capito il meccanismo, risposte brevi… per quello che conta. domanda numero tre: ha capito che cosa fa esattamente un editore? Se glielo chiedesse sua nonna sarebbe in grado di spiegarle di che si tratta? Faccia uno sforzo».

stagista V.M.:
«“Ciao nonna, un editore, oggi, è come il cappelaio matto: per lui il tempo si è fermato all’ora del tè, ma invece di misurarlo con improbabili orologi mentre inzuppa pasticcini, lo riempie arrovelandosi davanti ad un monitor pieno di testi e immagini… (sì nonna, la macchina da scrivere è diventata antica come la zuppiera di porcellana liberty che c’è in salotto); di solito un editore ha a che fare con fiere, diritti d’autore, scrittori fondamentalisti dei propri pensieri, e centri stampa offset (che sarebbero le tipografie dei tuoi tempi): tutto ciò lo fa sentire molto coraggioso, perché tutti gli dicono che ci vuole molta audacia a NON sperare con tutto il cuore di andare a lavorare in banca. Ma io lo vedo più come uno che ha assecondato una passione, come una giovane fioraia che prepara bouquet da sposa con mini-tulipani bianchi, o come uno di quei palestrati che vanno a fare i buttafuori nelle discoteche”».

intervistatore:
«Ehm? Faccia finta di niente. Adesso passiamo a qualcosa di più personale. sezione due, domanda numero uno: che ruolo ha esattamente uno stagista all’interno di una case editrice… hanno mai chiesto un suo parere su qualcosa di importante? In generale: l’ascoltava qualcuno?»

stagista V.M.:
«Lo stagista deve essere un tipo elastico, pronto a passare dal più meccanico lavoro di ricerca in rete alla stesura di una quarta di copertina per un libro che ha dovuto leggere in mezz’ora. Ma la sua attività principale è riempire le ore di stage facendo finta di fare qualcosa, e facendolo in maniera da risultare convincente, magari facendo vedere che si diverte. Penso di essere stata presa abbastanza sul serio le volte che mi è stato chiesto un parere, e mi chiedo sempre come mai».

intervistatore:
«Hum! No, m’è andato qualcosa in gola… domanda numero 2: visto che non ha rubato niente [sta scritto così sul questionario], ha lasciato qualcosa? Pensa che se ne accorgeranno?»

stagista V.M.:
«Qualche biglietto della metro, a proposito, ho perso la mia moleskine: cacciate la mia moleskine!».

intervistatore:
«Atteniamoci al questionario. domanda numero tre: se dovesse parlare in pubblico della gente per cui ha lavorato, sarebbe sincera? Dica pure, si tratta di una di quelle domande che si inseriscono sempre nel mucchio per poi essere scartata».

stagista V.M.:
«In pubblico? ma col microfono ad archetto o col gelato? Direi che tra una partita di ping pong e l’altra ricevono gente molto interessante e dicono parolacce ai computer quando non azzeccano le scorciatoie di tastiera, il tutto viene svolto seguendo i più rigorosi dettami del protocollo radical-chic… niente di diverso dagli impiegati della City a Londra, solo che questi ultimi giocano in borsa e si vestono come Lapo Elkann. Ma nella maggior parte dei casi – adesso la versione ufficiale – tutte le volte che mi è capitato di parlare di loro in società (magari imbucandomi ad una festa pre-elettorale dell’UDC) la gente, ragazzi neo-laureati appena consapevoli del fatto che nessuno li stava aspettando, schiattavano dall’invidia nei miei confronti, ed io cominciavo a tessere le lodi del loro operato, tirandomela alla grande e pensando che, in fondo, ne valeva proprio la pena… sempre meglio che ridurre drasticamente il numero delle mie connessioni cerebrali in un call-center o, peggio, nelle segreterie dei politici».


La lotta per la sopravvivenza quotidiana (2007 rospe)

 

 

 

 

 

 


intervistatore:
«Bene, ha visto: niente di difficile… facendo in fretta ci siamo anche divertiti. Sì, si figuri. Magari lei. A me toccano altre venti interviste prima di finire per oggi, neanche si immagina quante pagine fitte di candidati ho da sfogliare… naturalmente sono soprattutto quelli respinti.

Un’ultima cosa. Pensa che se ne farà niente della lettera di referenze che le hanno fatto scrivere da sé e che poi si sono dimenticati di firmare?».

stagista V.M.:
«Da questo punto di vista, ora che ci penso, io non vi ho mai portato il mio curriculum! Facciamo così, io ve lo spedisco e magari mi fate sapere se c’è la possibilità di venire a fare uno stage? ;-)».

intervistatore:
«La saluto: la penna è mia. C’ha provato. È un classico con voi stagisti».


nb. Un saluto speciale a tutti gli stagisti che si sono alternati da :duepunti in questi pochi anni: ho voluto scherzare con voi e sulla vostra pelle, ma vi garantisco che l’ho fatto in modo affettuoso, che a voi va tutta la mia simpatia… per favore non denunciateci per molestie e diffamazione.


ascolto consigliato: per l’occasione direi “Money Changes Evrything” di Cyndi Lauper (She’s So Unusual, 1983)